Psicofisica è il nome dato ad una branca della psicologia, creata da Gustav Theodor Fechner (1801-1887) nel tentativo di risolvere il problema filosofico del rapporto tra mente e corpo. Uno dei problemi chiave che si poneva la psicologia alla sua nascita, per potersi costituire come scienza, era il problema della misurazione dei fatti psichici correlata ai fatti fisici che li avevano generati. Si riteneva che solo così la psicologia avrebbe potuto conquistare lo status desiderato di scienza naturale. Fechner era un fisico di rilievo che, influenzato dalla filosofia indiana, sviluppò una sua dottrina filosofica che aveva anche degli aspetti mistici.
Per avvalorare la sua teoria avrebbe acquistato enorme rilievo la possibilità di determinare una relazione esprimibile in forma matematica, di valore universale, che riuscisse a mettere in relazione stabile il mondo dello spirito con quello della materia; Una relazione del genere avrebbe avuto per Fechner la stessa importanza della legge di Newton sulla gravitazione universale, o quella di Coulomb sulle cariche elettriche.
Nel 1834 il fisiologo anatomista Heinrich Weber, studiando il tatto e l’udito, aveva fatto una scoperta di notevole importanza per tutti gli sviluppi futuri della psicologia, aveva rilevato che se si presenta ad un soggetto, in una certa modalità sensoriale (tatto, udito, vista e così via) uno stimolo di una data intensità R, e si cerca poi di misurare di quanto questo stimolo deve essere fatto variare perché il soggetto percepisca l’avvenuta variazione, questa variazione appena percepibile non è costante ma dipende dallo stimolo iniziale. In altri termini, se partiamo da uno stimolo di intensità 10 e se per poterne apprezzare la variazione dobbiamo portarlo da 10 a 11, con lo stesso tipo di stimolo partendo da 20 dovremo portarlo a 22 o partendo da 30 dovremo portarlo a 33.
Tale fenomeno ha potuto essere illustrato matematicamente da Fechner attraverso un incremento di tipo logaritmico dell’intensità di due stimoli perché questi possano essere percepiti tra loro differenti. Nella psicofisica col termine di “soglia” si designa quella grandezza di uno stimolo a livello della quale si produce una modificazione della risposta comportamentale, indice di una variazione della sensazione. La “soglia differenziale” corrisponde alla più piccola variazione del valore di uno stimolo capace di produrre una variazione appena percettibile della sensazione. Quando si vuole misurare l’acutezza visiva di una persona, molto spesso si fa riferimento al sistema decimale, quindi se una persona vede bene si dice che dispone di una acutezza di 10/10, se vede un po’ meno bene potrebbe vedere 9/10 oppure 8/10 e così via.
Un sistema di progressione come quello decimale non rispetta tuttavia la fisiologia e quindi il funzionamento abituale del sistema recettivo in quanto l’incremento tra una riga con quella successiva realizza una progressione aritmetica (1/10 – 2/10 – 3/10 – …); Una progressione geometrica è invece caratterizzata dal fatto che esiste un rapporto costante fra ogni termine e quello che lo precede (nella progressione 1 – 2 – 4 – 8 – 16 ogni termine rappresenta il doppio di quello che lo precede); esiste oggi un consenso universale sul fatto che l’incremento di dimensione degli ottotipi (le tabelle utilizzate per misurare l’acutezza visiva) deve realizzare una progressione geometrica di cui occorre scegliere la ragione più conveniente che soddisfi sia l’esigenza di validità diagnostica che di praticità di impiego.
Articolo scritto dal Dott. Bruno Garuffo